Cipiglio fiero, voce potente, canzoni interpretate “a muso duro” come cantava in una sua celebre e splendida ballata il compianto Pierangelo Bertoli, ritorna Damien Dempsey ad allietarci con il suo folk urbano o combat folk, come preferiscono alcuni. Con precisione svizzera, un disco ogni due anni esatti, l’ultimo lavoro del cantautore irlandese, Almight Love, è da poco stato pubblicato e segue la parentesi di “The Rocky Road”, una compilation di celebri brani tradizionali irlandesi rivisitati dal nostro, alla sua maniera.
Eccellente album che acquista spessore con gli ascolti (è vero, io sono di parte perché lo adoro), l’ultimo lavoro di Dempsey è più elettrico e nervoso dei suoi primi lavori ma anche meno enfatico e “pesante” del pur ottimo “To Hell or Barbados” album che per i suoi arrangiamenti complessi e l’interpretazione sopra le righe, aveva fatto storcere il naso a molti.
La miscela sonora, benchè come detto predilige un arrangiamento più elettrico e robusto rispetto al solito, è sempre basata su ballate ora tenere e disperate, ora nervose e dure, con inevitabili riferimenti alla tradizione celtica (come sempre succede agli artisti irlandesi sempre legati alle loro coordinate musicali), incursioni nel rap-hip pop, un pallino di Dempsey, e passaggi rock, e ci regala un prodotto discografico che illustra molto bene il nuovo concetto di folk urbano, della working class e delle contaminazioni culturali proprie dei paesi occidentali dei nostri giorni.
Poco conosciuto fuori dai confini patrii ma molto apprezzato dagli irlandesi nel mondo, soprattutto dai suoi colleghi musicisti, il cantautore irlandese, pur non raggiungendo le vette del suo capolavoro “Shots”, potrebbe finalmente trovare quella notorietà internazionale che fatica ad ottenere, forse a causa del suo modo di fare musica fuori dalle mode e da certi schemi precostituiti.
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