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di Carlo Bastasin – Il Sole 24 Ore
Sconfiggere la disillusione
Chi visita l’Italia in questo periodo si confronta con la descrizione di un Paese stremato, forse anche oltre quella che è la realtà osservabile. Questo clima di disillusione non va sottovalutato. Le previsioni economiche in caso di recessione non sono mai precise, perché in condizioni eccezionalmente severe le aspettative delle imprese e delle famiglie non sono lineari, ma tendono a procedere per salti. Il rischio da evitare è che la depressione, che è diventata linguaggio comune nel confronto politico e nella sfera pubblica, si trasformi in realtà.
Ogni giorno, in effetti, sempre di più i partiti italiani sono in movimento nel loro posizionamento elettorale, ma senza mai formulare una proposta di contenuto. Il dubbio è che non ne siano veramente in grado. Il loro linguaggio è ormai esclusivamente negativo, come se sapessero solo corteggiare il sentimento di disillusone dei cittadini, anziché convertirlo in energia costruttiva. Anche ora che la politica italiana è stata costretta dal presidente del Consiglio a confrontarsi con il problema dell’appuntamento elettorale del 2013 e con l’incertezza che deriva per il Governo del Paese, la risposta viene cercata nella solita scelta tra personalità taumaturgiche, o in innovazioni nel confezionamento dell’offerta politica o in cambiamenti della legge elettorale. Non un minuto viene dedicato a progetti seri per il Paese, a proposte per la ricostruzione della capacità produttiva delle imprese e a impegni per la difesa del reddito dei lavoratori e delle loro famiglie.
Sarà stato il calo dell’economia a deprimere le importazioni e sarà stata la disoccupazione a far crescere marginalmente la produttività, ma le bilance con l’estero italiane sono oggi meno preoccupanti che nel 2011. Essendo anche il bilancio pubblico sulla strada del pareggio strutturale, il Paese è in condizioni di maggiore stabilità rispetto a molti altri. Nonostante ciò, tra il 2012 e il 2014 l’aggiustamento fiscale sarà ancora di cinque punti di Pil. È evidente che anche il prossimo governo sentirà il peso della correzione degli squilibri fiscali. Non avrà alternativa alla “sobrietà”. Sarebbe logico dunque assistere a una competizione elettorale sul tema: chi è capace di far crescere l’Italia osservando i vincoli che ci tengono legati all’Europa. Ma c’è da scommetterlo, il tema della crescita, troppo complesso, verrà aggirato per contestare invece i vincoli europei solleticando il nazionalismo latente in molti elettori.
La produzione industriale italiana è di un quarto al di sotto del livello di fine 2007. Dopo cinque anni di inerzia nelle politiche industriali, questa perdita di capacità produttiva è diventata strutturale. Non basterà attendere la ripresa della domanda estera per riportare in vita quegli investimenti perduti e quei posti di lavoro che non esistono più. Lavoro e investimenti vanno spostati verso nuove attività in grado di sfruttare i mercati di esportazione, visto che la domanda interna rimarrà debole ancora per anni. I segnali sull’attività produttiva nel resto dell’eurozona sono meno negativi del previsto e la debolezza del ciclo mondiale è destinata a rientrare una volta che l’Europa sarà stata capace di risolvere i propri problemi. Se i partiti sentono la vertigine elettorale attrarli irresistibilmente, ebbene comincino a fare proposte.