l peso politico della Cina è cresciuto a un ritmo pari a quello del suo Pil e i diritti civili sono diventati un breve inciso dentro protocolli concentrati più o meno su un unico argomento: i soldi. Ora Pechino subordina gli investimenti in Italia alla riforma del lavoro. Ma dimentica le sue violazioni. Monti difende le sue misure: “Sono meglio le tasse rozze che diventare la Grecia”. Intanto le autorità cinesi arrestano sei blogger

Ma il peso politico della Cina è cresciuto a un ritmo pari a quello del suo Pil e i diritti civili sono diventati un breve inciso dentro protocolli concentrati più o meno su un unico argomento: i soldi.
È successo anche ieri, giornata cinese della missione asiatica di Mario Monti. Alla conferenza stampa il premier ha dedicato un passaggio ai diritti: «Un dialogo politico tra Paesi che si rispettano non deve avere remore ad affrontare anche temi delicati». Con il primo ministro Wen Jiabao «abbiamo parlato delle rispettive riforme politiche ed economiche e gli ho ricordato quante preoccupazioni e quante riserve ci siano in Italia e Europa sui diritti umani».
La novità almeno per noi italiani è però in quel «rispettive». Nel senso che con questa missione si è tornati a parlare in modo pressante di riforme, ma questa volta sono i cinesi che le chiedono a noi. Un paradosso che diventa nemesi storica se ci si mette il fatto che il governo di Pechino, espressione del Partito comunista, ci chiede soprattutto la riforma del lavoro. E non nella direzione che sognavano i maoisti pochi lustri fa.
Per la Cina all’Italia serve più flessibilità. Siamo sotto la lente di Pechino sull’articolo 18 e a farci l’esame è la China Investment Corporation, fondo sovrano da 200 miliardi di dollari. Lo ha spiegato lo stesso presidente del Consiglio. «Il presidente della Cic ha sottolineato che quando loro sono stati in Italia e hanno esplorato le possibilità di investimento sono stati riluttanti ad andare avanti a causa di alcuni problemi, uno dei quali è il mercato del lavoro troppo poco flessibile, cosa su cui adesso stiamo lavorando con la riforma che andrà presto in Parlamento. A partire da quell’episodio – ha aggiunto Monti – abbiamo deciso di esaminare la lista delle difficoltà che sono state riscontrate in passato dalla Cic».
Il fondo cinese sarà la cartina di tornasole per capire se le riforme attuate in Italia sono veramente in grado di attrarre investimenti. Si creerà un gruppo di lavoro misto, composto da governo italiano e China Investment Corporation, con due scopi: «Individuare possibili opportunità di investimento per la Cic in Italia» e «usare la Cic come una sorta di cassa di risonanza di queste nostre riforme, per capire se queste riforme stanno effettivamente incontrando i problemi che gli investitori hanno incontrato in passato». Per diritti civili non si è mai arrivati a tanto.
Segno che le esigenze di chi investe sono le stesse. L’ideologia non c’entra e in questa missione è rimasta relegata alla scuola del Partito comunista, tappa fissa dei politici stranieri che approdano in Cina.