La gente comincia a capire…

Era ora: è partita una proposta di iniziativa di cittadini europei, tesa a chiedere la sospensione del Pacchetto Clima-Energia UE. Da tempo, su questo giornale voci anche autorevoli sostengono che l’unica cosa certa nella teoria del global warming sia la colossale dimensione degli interessi economici che copre.

D’altra parte, ci pare ampiamente dimostrato che gli strumenti e le analisi utilizzati per le “previsioni” sul futuro del nostro Pianeta, e per le strategie da adottare per “salvarlo”, presentinio vari punti deboli. Anzi, essi sono ormai chiaramente contestati con tesi che portano a risultati diversi – anche Il Legno Storto ha fornito qualche elemento alla discussione –, e che meritano comunque un approfondimento ben più serio e “neutrale” di quelli del quale attualmente certa stampa e spesso anche certa scienza vorrebbero ci accontentassimo.

Giusto quindi chiedere una moratoria per una strategia che comporta, soprattutto per noi Europei, un sacrificio pesantissimo, del cui utilità non abbiano affatto la certezza.

Questo è il link per la richiesta, aperta a tutti i cittadini dell’Unione. Basta compilare il form, ed inviare. Seguiremo poi la vicenda, ovviamente.

Leggi anche qui, di Corrado Fronte: Dalla Conferenza di Doha sul clima una sola certezza: per l’Europa l’imbroglio continua

Dalla Conferenza di Doha sul clima una sola certezza: per l’Europa l’imbroglio continua

La 18a Conferenza sui cambiamenti climatici, svoltasi in Dicembre 2012 a Doha, si è conclusa con risultati giudicati ambigui e contrastanti. Una bottiglia piena ad un quarto, secondo il ministro Corrado Clini. Un accordo al ribasso rispetto alle aspettative dei promotori. Dopo due settimane di difficili negoziati i 194 paesi hanno trovato un accordo per estendere il trattato di Kyoto, che altrimenti sarebbe scaduto il 31 dicembre 2012, fino al 2020; ma solamente un ristretto numero se ne è fatto carico: infatti, dopo l’uscita dall’accordo di Kyoto di Nuova Zelanda, Canada, Russia e Giappone, sono rimasti nel trattato solamente Unione Europea, Australia, Svizzera e Norvegia. Ma questi paesi sono responsabili solamente del 15% delle emissioni globali di CO2.
Se ne sono tenuti fuori anche
 USA, Cina, India, Brasile, Messico, Sud Africa. Dei ricchi paesi produttori di petrolio, prima fonte di inquinamento, non se ne parla nemmeno. E non viene evidenziato che questa situazione dovrebbe addirittura far decadere il protocollo di Kyoto, che inizialmente era subordinato all’accettazione di almeno 55 paesi responsabili di almeno il 55% delle emissioni.

I paesi definiti “poveri” hanno messo a segno un punto importante, riuscendo a far riconoscere il concetto di “danno dovuto al cambiamento climatico”, e ottenere l’impegno dei paesi “ricchi” a porvi rimedio in qualche modo. Ma gli Stati Uniti si sono opposti all’introduzione di obblighi legali, attirandosi le ire del rappresentate delle Seychelles: «se foste più efficaci nella riduzione delle emissioni di CO2 non ci sarebbe il bisogno di questi risarcimenti; volete distruggere le nostre isole?» Rimostranze dalla Russia quando il presidente della conferenza, il Vice Primo Ministro del Qatar, Abdullah bin Hamad Al-Attiyah, mette al voto il documento conclusivo sui crediti di emissione infischiandosene della richiesta russa di prendere la parola.

La possibilità di coprire i rischi derivanti dagli estremi climatici con assicurazioni ad hoc si è arenata non essendosi chiarito a chi ne spettasse l’onere ed in quale misura (certo sarebbe un affare gigantesco per le società di assicurazione). Il gioco è chiaro: L’obiettivo, irrealizzabile oggi, di ridurre le emissioni di CO2 è un pretesto per chiedere risarcimenti astronomici per danno climatico in denaro contante. Ma il Climate Action Network, una rete di oltre 700 organizzazioni non governative internazionali, ha commentato mestamente: «Il framework Onu per il clima ha fallito nel trovare soluzioni per tagliare le crescenti emissioni di CO2, né ha individuato un percorso per una strategia con cui movimentare 100 miliardi all’anno entro il 2020 (deciso dall’accordo di Copenhagen) per aiutare i paesi più poveri ad affrontare il cambiamento climatico».

Coloro che negano l’utilità della riduzione delle emissioni di CO2 non hanno motivo di rallegrarsi. Infatti i cittadini europei continueranno ad essere soggetti al dirigismo ambientalista, fatto di tasse, divieti, sanzioni, sperpero di pubblico denaro a favore della lobby della green economy, destinato ad inasprirsi. In un momento in cui ai cittadini italiani si chiedono sacrifici per “salvare il paese”, si sperperano 10 miliardi di euro all’anno per sovvenzionare le energie alternative che sono più costose, e possono dare solo un contributo marginale e discontinuo alle necessità del paese. Con questa cifra si potrebbero costruire un paio di centrali nucleari all’anno, e ridurre il costo energetico che danneggia i cittadini ed allontana gli investimenti stranieri dall’Italia. Si eviterebbe anche l’ostacolo incombente delle limitazioni all’uso di combustibili fossili che per l’Italia sono e la fonte di energia fondamentale.

Dal punto di vista scientifico si stanno sviluppando studi indipendenti che si distaccano dal catastrofismo “carbonico” e chiamano in causa fenomeni solari e astronomici. Abbiamo parlato in articoli precedenti delle teorie di alcuni scienziati, quali Abibullo AbdussamatofIvanka CharvàtovaNicola Scafetta. Essi negano che la COabbia un ruolo preponderante sul clima, collegano le variazioni climatiche a fenomeni astronomici quali le macchie solari, prevedono un prossimo raffreddamento della Terra, o addirittura una imminente glaciazione. Forse anche per questo la strategia ambientalista ha corretto la rotta puntando adesso ai danni provocati dagli “eventi climatici estremi”, che sempre qua e là continueranno a verificarsi, mentre il riscaldamento globale è in evidente, ancorché ufficialmente negato, rallentamento. Infatti l’IPCC in un rapporto denominato SREX, del 25 novembre 2011 con una certa prudenza affermava: “Quanto all’influenza umana sul clima, c’è evidenza (evidence) che alcuni estremi climatici sono cambiati per influenze antropogeniche, incluso l’aumento dei gas serra, ed è probabile (likely) che questo abbia influito sull’innalzamento delle temperature giornaliere minime e massime globali. E’ pure probabile che ci sia stata una influenza antropogenica nell’aumento delle situazioni estreme di acqua alta costiera dovuta ad un aumento del livello medio del mare. Quanto ai cicloni tropicali, c’è poca certezza (low confidence) nell’attribuirne i cambiamenti a influenze antropogeniche. L’attribuzione di singoli eventi estremi al cambiamento di clima antropogenico è azzardata (challenging).” Affermazioni ambigue, che si prestano ad essere poi prontamente estremizzate, gabellando per certezze quelle che sono solamente ipotesi. Come ha fatto la Banca Mondiale, commissionando, nell’imminenza della conferenza di Doha, un rapporto che cavalca il più estremo catastrofismo al Postdnam Institute for Climate Impact Research. Questo istituto impiega circa 300 persone e gode di finanziamenti pari a 20 milioni di euro con il fine di produrre studi e rapporti ad uso dell’IPCC, della Commissione Europea, deI Governo Federale Tedesco e di altri governi, e della Banca Mondiale.

L’iniziativa della Banca Mondiale si spiega con l’ interesse oggettivo del mondo della finanza verso le politiche di controllo della CO2, perché esse implicano lo stabilirsi di un enorme mercato finanziario legato al commercio delle quote di emissione che i soggetti “inquinatori” devono comperare dai soggetti “virtuosi” per compensare le eccedenze di emissione rispetto ai limiti prefissati. Richard Lindzen, autorevole scienziato del M.I.T. (vituperato perché contrario alle tesi catastrofiste), ci informa cheENRON (colosso finanziario senza scrupoli, al centro di un gigantesco scandalo nel 2002) è stata uno dei più attivi lobbisti per sostenere il protocollo di Kyoto. Sperava di diventare un operatore finanziario per il commercio dei diritti di emissione della CO2. Aspirazione di non poco conto. Questi diritti ammonterebbero a più di un trilione di dollari, e le commissioni varranno molti miliardi. Gli Hedge Funds se ne occupano attivamente; così fecero pure Lehman Brothers e Goldman Sachs, che si costituirono in lobby in favore del cosiddetto “cap and trade” (commercio di quote di emissione), che frutterebbe miliardi. Probabilmente non è un caso che Al Gore, gran sostenitore del Global Warming, sia associato in queste attività). In Italia la banca Intesa Sanpaolo, grazie a Corrado Passera, e Sorgenia di Carlo de Benedetti hanno dato vita alla società “anonima” Giga, con sede a Lugano. Lo scopo sociale è focalizzato sull’«acquisto, la vendita, il commercio dei titoli Carbon Assets determinati come certificati di riduzione delle emissioni di CO2, così come definiti dal Protocollo di Kyoto, permessi di emissione europei, così come definiti dalla Direttiva europea sull’ Emission Trading e contratti forward e futures». Per un intreccio di partecipazioni, nell’affare sono coinvolte anche alcune delle principali utility italiane da Hera ad Enia ad Iris ad Iride. Tutti questi soggetti hanno interesse ad avvalorare le tesi catastrofiste in modo che il commercio delle quote di CO2 decolli, anche se, a causa di accordimolto sfavorevoli sottoscritti da Pecoraro Scanio, ciò penalizza gravemente l’industria nazionale. Da notare che Carlo de Benedetti, imprenditore vicino al Partito Democratico, è a capo del Gruppo Editoriale L’Espresso, presente sul mercato non solo con l’Espresso e Repubblica, ma anche con due tra le più prestigiose testate scientifiche, Le Scienze e National Geographic Italia, ed una quantità di quotidiani locali. A questo si aggiunge l’appoggio delle testate che gravitano politicamente nell’area della sinistra. In pratica la gran parte del panorama editoriale italiano. Questa situazione può influenzare pesantemente l’opinione del pubblico italiano, il quale è indirizzato verso un unico punto di vista, fuorviato anche da considerazioni di valori morali di solidarietà umana che sono in realtà meramente strumentali.

Così, buggerati ma contenti, ci terremo al piede la palla del Protocollo di Kyoto fino al 2020, con danni economici per il paese, e con ancor peggiori danni nella formazione della cultura e nella ricerca scientifica. E non c’è nemmeno da sperare che una evidente inversione di tendenza del clima possa convincere i più cocciuti. Il clima è diventato una religione. “Credo quia absurdum” sentenziava Tertulliano.

Corrado Fronte

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