La ricetta in agenda

Alberto Luccarelli, ieri in modalità economista, presenta a Monti la sua personale ricetta economica per risolvere i problemi del Belpaese e detta a Monti la sua agenda che, come tutte le proposte progressiste, si porta appresso il suo bel fardello di contraddizioni:

  1.  abroghi il nuovo articolo 81 della Costituzione, eliminando il fiscal compact e l’obbligo di riequilibrare il debito pubblico entro 20 anni con un prelievo forzoso di circa 56 miliardi all’anno, spingendo il nostro Paese ad una profonda recessione, alla riduzione del prodotto interno lordo e, di conseguenza, all’impossibilità di ridurre il debito pubblico: proprio l’effetto opposto a quello che si voleva raggiungere
  2. riveda il Patto interno di stabilità e crescita, evitando che gli Enti pubblici non possano utilizzare le somme disponibili per spese di investimento o relative al soddisfacimento di diritti fondamentali
  3. riesamini le disposizioni sulla spending review, evitando che la corsa al riequilibrio del bilancio ed alla riduzione del debito pubblico provochi licenziamenti ed altri effetti recessivi
  4.  sancisca la tassabilità dei grandi patrimoni e disponga un programma di opere pubbliche che non producano merci da collocare sul mercato, e siano invece dirette al riequilibrio idrogeologico, al risanamento dell’ambiente ed al recupero del patrimonio storico ed artistico
  5. disponga la nullità assoluta, per causa illecita, delle transazioni finanziarie speculative, e sancisca l’invalidità giuridica dei cosiddetti “giudizi dei mercati” e dei “rating” delle compiacenti agenzie di mercato, in quanto tali atti perseguono interessi non meritevoli di tutela giuridica e sono in contrasto con la Costituzione, che all’art. 42, riconosce e garantisce la “proprietà privata” soltanto per la sua “funzione sociale”, ed all’art. 41 sancisce che l’iniziativa privata non può svolgersi “in contrasto con la sicurezza, la libertà e la dignità umana”, là dove detti atti perseguono una “funzione antisociale” e sono in contrasto con “ l’utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità dell’uomo
  6. disponga la separazione tra banche ordinarie, deputate alla raccolta del risparmio ed alla concessione dei prestiti, e banche di investimento o di affari, sulle quali deve ricadere il rischio degli investimenti
  7. vieti alla Cassa depositi e prestiti di effettuare investimenti finanziari rischiosi o clientelari, imponendole di tornare alle sue funzioni originarie
  8. mpedisca la cosiddetta “privatizzazione” dei beni ambientali e culturali, definendoli “demaniali” e cioè “inalienabili, inusucapibili ed inespropriabili nella maniera più assoluta”, vietando espressamente il potere amministrativo della cosiddetta “sdemanializzazione”, e limitando il ricorso alle concessioni

Dopo aver dettato gli otto comandamenti progressisti a Mario Mosè Monti, il caro Luccarelli si scioglie in  una frase politically correct che solo un puro, un vero paladino della giustizia progressista può sostenere:

Ripartire dalla Costituzione dunque per attuare principi di equità e giustizia sociale

Ma cosa dovrebbe fare Mario Mosè Monti per “atuare principi di equità e giustizia sociale” in base alla carta costituzionale? Attenersi all’art. 67 o rifiutarlo? E quali mezzi gli fornisce, la costituzione, per attutare un programma di giustizia sociale?  L’art 49 e l’ossimoro che ne deriva?  Non parliamo più di questa inutile frase, cibo per l’autoesaltazione dell’ego progressista  che si autocelebra “giusto, democratico ed equo”,  dalla parte “degli ultimi e dei primi” come si proponeva quell’ultimo fallito tribuno progressista di Pubblico Giornale.

Il debito pubblico è diretta, inevitabile conseguenza del welfare, vanno per mano: non ci può essere welfare senza debito pubblico; in Europa tutti hanno questo problema, lo hanno da molti anni e alcuni, come la Germania, falsano i dati per illudere se stessi di aver una buona assistenza sociale e basso debito. Ma Luccarelli non ci sta, non si piega, comanda a Monti l’impossibile, o il possibile solo nel delirio progressista: tanto welfare e tanto debito pubblico, tanto possiamo sempre aumentare le tasse.

Ma neanche sulla spesa pubblica si può limare, così via la spendig review e il patto di stabilità, via una più oculata gestione dei proventi pubblici per evitare licenziamenti. Ma con la crescita questi “licenziamenti” sarebbero riassorbiti in altre realtà, con la crescita però: cioè con un basso debito pubblico e con minori e più attente spese dello stato!

Tappi Mosè Monti la bocca alle agenzie di rating, passaggio invero condivisibile, che condizionano l’economia globale come i verdi condizionano le scelte dei governi, ma non era tutta colpa di Berlusconi? Ahi ahi ahi, il progressista Luccarelli detentore delle tavole della legge si è contraddetto: non più (o non solo) Berlusconi perseguono una “funzione antisociale”, ma anche le agenzie di rating, tanto celebrate e osannate quando sversavano giudizi negativi sul governo del cavaliere. Poi la tassa sui grandi patrimoni, la solita solfa demagogica: tasso 4 gatti ricchi e risolvo tutto.

Ora  l’indomito progressista si scaglia contro il sistema bancario e finanziario, ma quando un altro progressista, quel Tal Clinton Bill, ex presidente USA, levò tutti i  paletti messi da Roosvelt che adesso il Luccarelli invoca, creando un crescita del 7%(!) in una nazione già ricca, cosa diceva la sinistra progressista democratica e giusta? Bravo, diceva! Quando Clinton Bill si trastullava offrendo sigari alla Monica che diceva la sinistra? Gli americani sono bacchettoni, diceva, per poi scagliarsi contro Berlusconi proprio su temi “bacchettoni”.

Sempre la stessa storia, frasi demagogiche dal forte impatto su chi è debole culturalmente e intellettualmente, promesse e richieste demagogiche e  contraddittorie inutili perchè irrealizzabili ma che fanno tanto pendant con progresso sociale, giustizia sociale. Balle sociali!

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