LUCA ABBÀ RISCHIA DI MORIRE PER UNA CAUSA PERSA

Articolo di Marco Imarisio per Il Corriere della Sera

 

Alla fine è successo quel che tutti hanno visto arrivare senza riuscire a impedirlo, o almeno provarci. Ma oltre al dispiacere e all’apprensione per la sorte di un uomo, la vicenda del militante No Tav gravemente ferito suscita anche amarezza. Luca Abbà, il militante caduto ieri da un traliccio dell’alta tensione, rischia di morire per una causa persa.


Giusta o sbagliata che sia, la linea ad alta velocità Torino-Lione è ormai irreversibile. Accordi tra Stati, due trattati internazionali, l’ultimo dei quali ribadito dal governo Monti, senza tenere conto del fatto che dall’altra parte, in Francia hanno già cominciato a scavare. Ma la politica che a vario titolo ha maneggiato la questione Tav si è ben guardata dal dire che indietro non si torna, non è possibile farlo.

L’invocazione continua al dialogo con i contestatori dell’opera non può prescindere dalla sincerità. Dialogare significa dirsi le cose come stanno, senza continuare a giocare con l’equivoco, parlando d’altro, e offrendo così una sponda alle speranze di una parte della comunità. È legittimo invocare altri modelli di sviluppo sostenibile, questione di stretta attualità, teorizzare sull’eventuale inutilità dell’opera, mettere in guardia sul rischio di infiltrazioni mafiose negli appalti. Ci sono molti liberi opinionisti che assolvono a questo compito.

La politica doveva fare anche altro, senza sottomettere il dovere della sincerità agli interessi di bottega, agli equilibri da preservare o ai bacini elettorali da dragare.

Doveva coltivare il realismo, far capire l’inutilità di questo continuo innalzamento della tensione, evitare di chiudere un occhio davanti alla gravità di certi episodi, solo perché contrari alla propria rappresentazione della realtà.

Invece ha lasciato il campo al confronto muscolare tra militanti e forze dell’ordine, con risultati che sono sotto agli occhi di tutti. La Val di Susa è così diventata una specie di pentola a pressione sociale, per altro senza mai essere stata una riserva di consenso da accarezzare pensando di portare a casa un proprio tornaconto. Luca Abbà incarna il risultato di questa opera di finto dialogo basata su un presupposto falso, che negava o celava l’ineluttabilità della Tav.

Negli anni, da contestatore di un tunnel ferroviario è diventato un militante anti-sistema, sempre più radicale, sempre più lontano anche da quella politica che lo blandiva con incoraggiamenti e pacche sulle spalle. Per questo il dramma che sta vivendo lascia un profondo senso di amarezza. Perché la sua generosità rischia di rivelarsi inutile. Anche se nessuno ha mai avuto il coraggio, o l’onestà, di andarglielo a dire.

 

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