Da Il Giornale.it
È ancora un giudice a pronunciarsi sulla libertà di cura.
Ed è ancora un dibattimento in tribunale a garantire a un malato di tumore il rispetto degli articoli 3 e 32 della Costituzione italiana, quelli che parlano di uguaglianza e di diritto alle cure gratuite a chi non può permettersele.
È del 16 luglio la prima pronuncia calabrese a favore di un malato di cancro in cura con la terapia Di Bella. Provvedimenti simili si sono avuti a macchia di leopardo in molte regioni italiane, Puglia e Sicilia soprattutto, ma anche Lazio, Emilia Romagna e, ora, arriva anche la Calabria.
Si tratta di una sentenza di secondo grado, immediatamente esecutiva, a favore di Andrea A., trentanovenne cosentino, colpito da carcinoma squamo cellulare rinofaringeo, un tumore che intacca naso e gola e che non si può rimuovere chirurgicamente.
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Da Wikipedia
Nel giugno del 1998, dopo che Luigi Di Bella concede l’accesso ai propri archivi, viene pubblicata l’analisi delle cartelle cliniche (relative a 20 anni di cura Di Bella) effettuata da una commissione di esperti oncologi: i dati sono lacunosi e i risultati sono deludenti. Dei 3076 casi analizzati, di circa il 50% non si sapeva se in effetti avessero un tumore, del 30% mancavano dati circa la sopravvivenza dopo la terapia Di Bella, del restante 20% (605 casi) con dati circa la sopravvivenza, solo per 248 (8%) esistevano dati certi sia in merito alla diagnosi che al trattamento, di questi 244 avevano ricevuto trattamenti convenzionali per la cura dei tumori, solo 4 avevano ricevuto la cura completa di Luigi Di Bella, solo uno di questi risultava ancora in vita a due anni dalla diagnosi.
Nello stesso periodo di tempo vengono attivati gli 11 studi multicentrici di fase II su 8 tipi di neoplasie (la fase II è finalizzata ad acquisire conoscenze sui livelli di “attività” di un farmaco o di un insieme di farmaci, il che, in ambito oncologico, significa valutare se un determinato trattamento è in grado di ridurre le dimensioni delle masse tumorali in un numero significativo di pazienti). La valutazione finale da parte dell’Italian Study Group for the Di Bella Multitherapy Trial fu che quelle sperimentazioni non avevano prodotto alcuna prova che giustificasse ulteriori trials clinici.
Ebbi purtroppo l’occasione di vivere in prima persona la !sperimentazione” del metodo Di Bella: ad una zia di mia moglie, malata terminale di tumore, venne applicata quella che chiamarono “sperimentazione MDB”, che consisté nello spedire al domicilio dell’ammalata uno scatolone pino di medicinali con un libro di istruzioni e un pacco di grafici da compilare per il monitoraggio della cura. Il medico di base ammise con squisita franchezza di “non capirci un tubo” e che quand’anche fosse stato in grado di guidare correttamente il paziente nella somministrazione della cura, non avrebbe potuto che seguirne al massimo due o tre. Io domando come, se nemmeno un medico ne ì in grado, come possa un malato senza nessuna conoscenza nel campo medico, per di più debilitato da una grave malattia che non da scampo, sperimentare con capace diligenza una siffatta cura. Questo fu l’MRB, il Metodo Rosy Bindi.