La ricerca e la burocrazia. Storie da un paese vocato all’autodistruzione
Solo che nel frattempo in questo paese è passato Alfonso Pecoraro Scanio, che nel 2000 impose il bando della sperimentazione in campo aperto sugli OGM, tutt’ora in vigore. Quindi nel 2009 il ministero dell’ambiente ha negato la proroga. Il prof. Rugini non si è dato per vinto, e ha chiesto al ministero di ripensarci. Nulla. Silenzio per due anni. Fino a quando, a maggio, l’immarcescibile Mario Capanna ha scritto ai ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente, nonché alla presidenza della Regione Lazio perché sanassero questa “palese situazione di illegalità” distruggendo le piantagioni. Non solo, avanzando anche l’ipotesi che a proprio alla sua fondazione venissero assegnati dei finanziamenti pubblici per far ricerca sulle misere spoglie del lavoro altrui. A questo punto il Ministero dell’Ambiente ha disposto che l’Università, pena sanzioni (che prevedono anche l’arresto), abbandonasse definitivamente la ricerca e procedesse con l’espianto degli alberi. Si comincia domattina.
C’è un appello da firmare, promosso dall’Associazione Biotecnologi Italiani, perché questo scempio non si compia, al quale l’IBL ha dato il suo sostegno. Senza che la cosa abbia avuto il minimo risalto sui media di rilievo, in un paio di giorni si sono raccolte già quasi 800 sottoscrizioni. Per ora, a quanto pare, invano.
Sia chiaro, non è un appello all’illegalità. Il prof. Rugini domattina curerà personalmente l’espianto degli alberi, e non vuole assolutamente che l’istituzione accademica in cui lavora rischi delle gravi sanzioni. Si tratta, però, semplicemente, di prendere atto che un piccolo nodo è finalmente arrivato a sbattere sul pettine di una legge medioevale, e di comprendere che tra cambiare una legge insensata e nascondersi dietro le sottane della legge stessa per sottrarsi alle proprie responsabilità, la prima strada è sicuramente la più giusta e la più dignitosa.
Applicare la legge domattina significa gettare al vento, in un attimo, tutti i soldi pubblici, nostri, che a questa ricerca sono stati destinati dai primi anni ’80 ad oggi, senza che questa ricerca abbia ancora prodotti risultati in grado di ripagarli. Applicare la legge significa disperdere irrimediabilmente il capitale umano di conoscenze e competenze raccolto finora attorno a questo progetto in tutti questi anni. Ma le leggi cadono dal cielo o le fanno gli uomini? E se le fanno gli uomini, che senso ha non cambiarle nel momento in cui dimostrano tutta la loro insensatezza? Anche Galileo è stato condannato in punta di diritto, rispettando alla lettera i codici dell’epoca.
Per questo oggi, Mario Capanna, nella sua nuova ed inedita veste di questurino, non può far altro che evocare l’illegalità in cui si troverebbe oggi l’Università della Tuscia, arrivando a minacciare anche la denuncia per omissione di atti d’ufficio per le autorità che evitassero di intervenire. Ma nulla più di questo. Non può parlare di rischi per i consumatori, né per l’ambiente, perché non ve ne sono. Non può parlare di monopolio delle multinazionali biotech, perché la ricerca in questione è pubblica. Non può parlare di principio di precauzione, perché solo la ricerca scientifica può fugare dubbi e incertezze sulle applicazioni delle biotecnologie. Può solo brandire un guscio vuoto, evocare il rispetto formale della legge, di fronte a uomini che avrebbero il potere ma non il coraggio per cambiarle.
Ed è per questo che domattina il prof. Eddo Rugini applicherà la legge. Come neanche il miglior rieducatore di stampo sovietico avrebbe potuto pretendere, sarà lui stesso ad occuparsi della distruzione del lavoro di una vita, in nome del “non possumus“, del “chissenefrega” di una burocrazia ottusa e ignorante. Un lavoro penoso che andrà avanti per giorni. Noi continuiamo a diffondere l’appello. Non è mai troppo tardi per correggere una decisione ferocemente sciocca e sbagliata.