…In conclusione, le indicazioni appaiono più che sufficienti a confermare l’esistenza di una grave fuga di cervelli dall’Italia. Una fuga dei cervelli che si conferma come il sintomo più grave ed evidente del male che affligge il sistema della ricerca in un Paese. Ma per sistema della ricerca non va intesa solo la ricerca scientifica, bensì più in generale (e più gravemente) l’intera capacità di innovazione di un Paese. La fuga dei cervelli (e/o il loro spreco: non bisogna, infatti, dimenticare il problema di chi resta in patria ma con un lavoro diverso da quello per cui si è formato) è la misura di quanto un Paese stia smarrendo sia la visione del proprio futuro sia la capacità stessa di pensare e progettare il futuro. Ovviamente, via via che la fuga aumenta e si aggrava, passiamo dal sintomo di una malattia ad una malattia a sé stante. Ecco, perché chiunque si sia occupato di fuga di cervelli ha paura da tempo che l’Italia sia un Paese avviato verso il declino.
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Leggevo oggi su Il Resto Del Carlino che saranno elargiti crediti formativi per le attività sportive e quelle socialmente utili. Bellissimo, così il giovane dell’istituto professionale, con in tasca il suo bel diplomino di operaio specializzato per la meccanica, un giorno incontrerà me e quando gli chiederò “sai realizzare alla fresa l’oggetto rappresentato in questo disegno tecnico?” lui mi risponderà “no, ma ho fatto tanta ginnastica e tante attività socialmente utili!” io gli ribatterò, col un gran sorriso e una bella pacca sulle spalle “bravo, torna pure in palestra o a fare volontariato socialmente utile perchè qui sei sprecato!”