Quanti razzisti si sono diplomati alla scuola falso-buonista e politically correct della sinistra, quanto nuovo odio si è aggiunto a quello già esistente, accumulato dalla crisi, grazie alla perseveranza dei Diliberto, delle Boldrini, dei Bertinotti, dei Vendola nell’emarginare i propri concittadini in nome di un malinteso senso dell’accorglienza e del concetto di razzismo? Quanti mi domando! Ora possiamo annoverare i parenti di Davide Carella, una delle vittime di Kabobo, tra le nuove reclute di quel Ku Klux Klan che si sta formando nelle nostre città, nelle case, nei bar e nelle fabbriche. L’esasperazione di gente da troppo tempo governata da giullari che pensano per il settanta percento ai propri interessi e per il restante trenta agli interessi degli stranieri ha raggiunto il culmine, il fuoco che cova sotto la cenere sta per esplodere e si risolverà in una guerra tra poveri che era evitabile, evitabilissima! Bastava essere onesti, bastava dire le cose come stanno, bastava non volere lavarsi la coscienza col falso sapone della tolleranza a tutti i costi, dell’accondiscendenza fine a se stessa cieca e sorda alla realtà del rom che è sempre uno zingaro, dell’irregolare migrante che è sempre un clandestino e del delinquente che è sempre un delinquente e non un reo da recuperare. Non si è voluto, e ora abbiamo una tutta una folla di manichini impomatati col perbenismo di facciata e pettinati col la spazzola dell’autoassoluzione da una parte, e una folla di disperati che da persone per bene, desiderose solo di una vita decorosa, si stanno trasformando in licantropi ululanti alla luna del politicamente corretto dall’altra. In mezzo la crisi famelica e impietosa che agita gli animi. Ma la giustizia sociale è una questione di punti di vista, e dall’interno degli emicicli parlamentari si fatica a vedere la strada dove l’uomo comune vive e soffre, specialmente se si è congestionati a spartirsi i proventi delle tasse, maldestramente indicate come colonna e sostegno del welfare, mammella a cui tutti possiamo attaccarci per i nostri bisogni. Quella mammella però era solo un’illusione, un’allucinazione, quella mammella da sempre secca ha allattato generazioni di illusi che hanno creduto di pagare le tasse ad uno stato-mamma integerrimo che mette da parte il sacrificio delle loro schiene per restituirglielo, rivalutato, sottoforma di bastone per l’ultima parte della vita, e che invece si sono, ci siamo svenati per uno stato-orco a cui mai di noi è importato qualcosa, abbiamo buttato fior di quattrini nel gigantesco water statale che sono inevitabilmente finiti nella fogna delle male amministrazioni comunali, provinciali, regionali e statali, nelle clientele, nei rimborsi elettorali, nei finanziamenti pubblici ai partiti, ai giornali, alla televisione pubblica. Adesso il giocattolo si è rotto, l’effetto soporifero delle canto progressista si sta esaurendo e le masse cominciano a svegliarsi, I Giuliano Amato non incantano più, il loro socialismo ha portato sfruttamento e oppressione al posto della equità promessa, al posto del quieto vivere che la gente desidera. E ora? Ora la storia si ripeterà uguale a se stessa, tra noi c’è un Robespierre e un Danton, un Marat e una Corday,e c’è un Luigi che ci rimetterà il collo. Probabilmente alla nostra generazione toccherà di assistere all’ennesima rappresentazione di questa tragedia, poi all’uscita del teatro godremo di un periodo di prosperità fino alla nuova drammatica rappresentazione.
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